«Croce e resurrezione, siamo soliti pensare, formano il centro gravitazionale della fede biblica in Gesù Cristo.»1 Ma non è così. Nei Vangeli appaiono le prime interpretazioni che associano Gesù alla figura della Sapienza del Vecchio Testamento. Questa tradizione sapienziale sottolinea la gioia di vivere e un Dio che cerca la vicinanza alle persone.
Traduzione dal tedesco: Italo L. Cherubini
La Sapienza, chiamata Chokmah in ebraico, Sophia in greco, danza davanti a Dio fin dall’inizio del mondo. È la primogenita di tutte le creature e allo stesso tempo prima di ogni creazione. Sì, ispirato dalla sua forza, Dio fa nascere la creazione, ordinata in modo sapiente e bella. Il suo piacere è stare con l’uomo (cfr. Proverbi 8,31). È socievole2, la troviamo nelle piazze e nelle strade, dove invita la gente a una vita di abbondanza.
Donna Sapienza
La tradizione di far apparire la Sapienza in forma personificata inizia nel tempo dopo l’esilio. Come mediatrice tra il cielo e la terra, la sua relazione con Dio non può essere compresa chiaramente:
«Sophia è di una grandezza abbagliante, non catalogabile, che rappresenta aspetti della bontà e della tenerezza umana di Dio in una varietà di immagini e simboli. Come creatrice o co-creatrice di Dio, è coinvolta nel plasmare il mondo. Come una profetessa appare in luoghi pubblici e predica la conversione alla Sapienza (Proverbi 1 e 8).»3
Con la figura della Sapienza, il giudaismo integra i tratti femminili nell’immagine di Dio dopo l’esilio e sviluppa così la propria versione del monoteismo. Adotta senza timore elementi di altre religioni e parla di Dio come sapienza danzante e madre protettrice. In termini di storia sociale, la figura di Chokmah/Sophia, secondo la studiosa dell’Antico Testamento Silvia Schroer, riecheggia l’esperienza delle donne forti che aiutarono a ricostruire Israele. D’altra parte, la Sapienza come mediatrice riempie il vuoto creato dalla fine del Regno d’Israele.4
«Tu sei il mio figlio prediletto»
Ci sono molte tracce delle tradizioni sapienziali nel Nuovo Testamento, nei Vangeli sinottici, in Giovanni e negli scritti paolini. Appartengono alla più antica tradizione del movimento di Gesù. I primi seguaci di Gesù li usavano per cercare di esprimere il significato teologico di Gesù. Considerano Gesù e anche Giovanni Battista come dei profeti della Sapienza. Entrambi rendono tangibile l’apertura e la bontà di Dio in modi diversi. La narrazione del battesimo al Giordano definisce Gesù in modo speciale come messaggero di Sophia. Questo perché con la colomba, originariamente simbolo delle antiche dee orientali dell’amore, lo spirito della dea Sophia scende su di lui e dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.» (Vangelo di Marco 1,9)5 La promessa riprende il Cantico della Creazione dal Libro dei Proverbi, dove la Sapienza è presentata come la figlia prediletta del Creatore (cfr. Proverbi 8,30).
La filantropia di Dio
È possibile che Gesù si sia visto come un messaggero di Sophia. In ogni caso, lui, che sembra vivere così completamente da una fonte interiore e che si avvicina alla gente, proclama una immagine sapiente di Dio: «Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore.» (Proverbi 8,35) Nell’apparizione e nell’opera di Gesù si può sperimentare la bontà di Dio verso la vita e l’umanità. Come messaggero della Sapienza, Gesù si vede inviato in modo speciale alla gente semplice, ai poveri e agli oppressi. Il Vangelo di Matteo 11,28-30 lo fa parlare come Sophia stessa:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero.»
L’invito della Sapienza è richiamato anche dalle numerose volte in cui Gesù si siede a tavola con gli emarginati e gli esclusi.6 Le parabole raccontano di un Dio in cerca di persone, e di nuovo non evitano di esprimere il mistero divino nell’immagine di una donna che cerca una moneta perduta di grande valore (cfr. Vangelo di Luca 15, 8-10).
Cristologia sapienziale
Le tradizioni sapienziali si trovano anche nel Vangelo di Giovanni, che identifica Gesù con la Sapienza. Un forte accento è posto già nei primi versi, il cosiddetto prologo7. Come la Sapienza, Gesù è la luce che è venuta nel mondo e ha abitato tra gli uomini. Come la Sapienza, è creato e tuttavia sempre già con Dio, riconciliando il cielo e la terra, il progetto nascosto della creazione di Dio. Il prologo porta così gli elementi familiari della tradizione sapienziale: preesistenza, missione e anche rifiuto. Solo il prologo non parla di Sophia, ma grammaticalmente al maschile di Logos8 Logos (parola), Sophia (saggezza) e Pneuma (spirito) sono ancora largamente intercambiabili a quel tempo. Eppure, con il termine Logos nel prologo di Giovanni, si pone una piccola base per la poi eccessiva enfasi dell’essere uomo di Gesù nei secoli successivi.
La Sapienza, come ci dice il Libro del Siracide9, non ha trovato un posto dove abitare, ha cercato senza successo un rifugio tra i figli degli uomini e non lo ha trovato; allora è tornata in cielo. In tutti i Vangeli, il rifiuto della Sapienza è un tema. Il modello di interpretazione della Sapienza ha permesso di affrontare la morte e il rifiuto di Gesù. Possiamo resistere consapevolmente al pericolo di interpretare il rifiuto da parte dei «giudei» descritto dal Vangelo di Giovanni in modo antigiudaico e leggere la polemica come espressione di un conflitto di gruppo. Poi, nella disputa sulla Sapienza di Dio, riconosciamo anche la critica alla religione stabilita insita nei testi. La Sapienza cerca il suo posto non nel tempio del potere, ma tra la gente. Con ogni respiro o da lontano, ci invita ad andare avanti nella vita.
- Martin Ebner: Streit um den zentralen Geltungsanspruch. Zur Rezeption frühjüdischer Weisheitsspekulationen in urchristlichen Gruppen, in: Bibel und Kirche 59 (2004), p. 222-228, p. 222.
- Cfr. la socievole divinità di Kurt Marti
- Silvia Schroer: Jesus Sophia. Erträge der feministischen Forschung zu einer frühchristlichen Deutung der Praxis und des Schicksals Jesu von Nazaret, in: Doris Strahm/Regula Strobel (Ed.): Vom Verlangen nach Heilwerden. Christologie in feministisch-theologischer Sicht, Fribourg 1991, p. 112-128, p. 113.
- Che la tradizione sapienziale non fosse semplicemente liberatoria per le donne e che in particolare sottolineasse la distinzione tra donne «straniere» e donne buone (sposate) è sottolineato, tra gli altri, da Angelika Strotman hin. Cfr. Angelika Strotmann: Das Buch Jesus Sirach. Die schwierige Beziehung zwischen göttlicher Weisheit und konkreten Frauen in einer androzentrischen Schrift, in: Luise Schottroff/Marie-Theres Wacker (Ed.): Kompendium Feministische Bibelauslegung, Gütersloh 21999, p. 428-440.
- Traduzione secondo la Bibbia in lingua corretta. Sul simbolismo della colomba cfr. Silvia Schroer: Jesus Sophia, p. 115.
- Cfr. Proverbi 9,1-5, dove la sapienza esce nelle strade per invitare i diseredati e gli ignoranti.
- Cfr. a riguardo Martin Ebner: Streit.
- Il concetto di Logos risale a Filone di Alessandria. L’idea di una figura divina preesistente era nota nei primi tempi ebraici. Ciò che era nuovo era l’interpretazione in riferimento a Cristo. Per una definizione ebraica odierna, cfr. Daniel Boyarin: ‹Logos› als ein jüdisches Wort: Der Johannesprolog als Midrasch, in: Wolfgang Kraus/Michael Tilly, Axel Töllner (Ed.): Das Neue Testament – jüdisch erklärt, Stuttgart 2021, p. 748-750.
- Cfr. Siracide 24,3-7 e 1 Enoch 42,1-2.
Crediti d’immagine: Copertina: L’affresco della Trinità nella volta del coro di San Giacomo, Urschalling / Immagine 1: Statua di donna con piante in testa. Unsplash@gnifakos / Immagine 2: Finestra della chiesa Vitral di St. Potin a Lione, Francia. Unsplash@chokdidesign / Immagine 3: Una persona tiene in mano un’immagine dell’Ultima Cena. unsplash@jhc
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