La Chiesa e il potere

Per molte persone, l’inizio di un nuovo anno è un’occasione per fermarsi, riflettere sulla propria vita, riorientarsi e fare buoni propositi. Potrebbe questo essere un modello anche per la Chiesa? In tutto il mondo sono in corso processi di rinnovamento in cui molte strutture, regole e pratiche che si sono sviluppate e radicate nel tempo vengono ora messe alla prova. Questo include anche la questione del potere.

Traduzione dal tedesco: Italo L. Cherubini

Una premessa: il potere non è assolutamente qualcosa da considerare in modo completamente negativo. In ogni gruppo, in ogni comunità, ci sono rapporti di potere. Il potere è necessario per prendere decisioni, tradurle in azioni e poterle far rispettare nel rispettivo gruppo. Il potere può essere usato in un gruppo, in una comunità o in una società per permettere qualcosa che sia buono, utile e vantaggioso per il maggior numero possibile di persone. Il potere come forza propulsiva può quindi certamente contribuire ad aumentare la qualità della vita. Tuttavia, questo può funzionare solo se avviene in un consenso a cui partecipa il maggior numero possibile di persone.

Insieme

Dove il potere si trasforma in violenza e viene usato per aumentare il proprio status o per imporre la propria volontà ad altre persone, per togliere loro le possibilità di azione e sopprimerle, allora è qui che deve essere messo criticamente in discussione. Così facendo, possiamo essere sicuri di essere in armonia con i testi biblici.

Cosa significa seguire Gesù?

Questo diventa particolarmente chiaro in un testo che si trova nella sezione centrale del Vangelo di Marco. Questa parte centrale del Vangelo di Marco presenta Gesù che si mette in cammino dalla Galilea a Gerusalemme e lungo la strada spiega ai discepoli cosa significa seguire la sua via e vivere come una comunità di discepoli (Vangelo di Marco 8,27-10,52).

Ciò che significa seguire Gesù non è apparentemente così facile da capire per il gruppo di discepoli e specialmente per i dodici. Almeno è così che il Vangelo di Marco lo presenta qui. Per tre volte sulla strada per Gerusalemme Gesù annuncia la sua imminente passione e tre volte i dodici reagiscono con palese incomprensione. La prima volta è Pietro che non vuole accettare che Gesù vada incontro alla sua morte e che quindi si guadagna un duro rimprovero da parte di Gesù (Vangelo di Marco 8,32-33). Dopo il secondo annuncio della passione, i dodici non hanno niente di meglio da fare che pensare a chi è il più grande tra loro. Anche a loro quindi Gesù deve dare un insegnamento:

«Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti.» (Vangelo di Marco 9,35)

Servire

Infine, nella terza occasione, Giacomo e Giovanni si avvicinano a Gesù subito dopo l’annuncio della Passione e gli chiedono se un giorno, nel suo regno, potranno avere i posti alla sua destra e alla sua sinistra. Gesù rifiuta di rispondere a tale domanda: non spetta a lui dare tale posto, ma a coloro «è per coloro per i quali è stato preparato» (Vangelo di Marco 10,40). Questo non significa altro che solo Dio stesso può dare tali posti. E Gesù chiama a raccolta i dodici e spiega loro:

«Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.» (Vangelo di Marco 10,42-45).

È difficile dire più chiaramente di come il potere deve essere considerato nella comunità dei discepoli di Gesù.

Ambizioni di potere nella comunità del Vangelo di Marco

Quando il Vangelo di Marco ci parla dei discepoli di Gesù, non sono solo gli uomini e le donne che viaggiavano con Gesù «allora» ad essere in primo piano. Si tratta sempre anche della comunità per la quale Marco stava scrivendo. Probabilmente vivevano a Roma intorno al 70 d.C., circa 40 anni dopo la morte di Gesù e in un luogo completamente diverso. Non era più in Galilea e in Giudea che la fede in Gesù, il Cristo e Figlio di Dio, doveva essere praticata, ma nella capitale dell’Impero Romano. È ovvio che questo non è stato sempre facile. Così, ciò che muove i discepoli nel Vangelo di Marco, ciò che non capiscono e con cui hanno difficoltà, riflette le domande e le difficoltà della gente di questa comunità di Roma. I discepoli sono quindi figure di identificazione per i membri della comunità, che evidentemente avevano difficoltà a capire la via di Gesù, che in realtà non era affatto una via di successo e di trionfo. Avevano anche difficoltà a capire che una comunità di discepoli, che fa riferimento a questo Gesù, deve funzionare diversamente dalla società romana con le sue strutture di potere e i suoi comportamenti di controllo.

Il potere romano. Imperatore Claudio.

Così, quando il Vangelo di Marco mostra i Dodici che discutono su chi sia il più grande tra loro, o quando fa avvicinare Giacomo e Giovanni a Gesù con la richiesta che egli dia loro posizioni di potere nel suo regno, questo non si riferisce direttamente ai discepoli di quel tempo ma al fatto che alcuni membri della comunità di Marco probabilmente svilupparono una brama di potere e volevano assicurarsi posti privilegiati per se stessi in un modo che era comune nella società romana. Se Giovanni e Giacomo vogliono i posti alla destra e alla sinistra di Gesù, allora vogliono avere posizioni di potere nel regno di Gesù e diventare «grandi». Per ottenere questo, agiscono come si faceva nell’Impero Romano con l’aiuto di relazioni e reti appropriate e come lo conosciamo fino ad oggi: ci può essere una persona che è già potente ora, o un promettente candidato (o candidata) per una successiva posizione di potere, per esempio un candidato (o candidata) presidenziale o un amministratore delegato e si cerca allora di posizionarsi nel tempo con questo promettente candidato, attirando l’attenzione, adulando, testimoniando fedeltà, dimostrando disponibilità e così via. In cambio, si spera in vantaggi, un buon posto o qualcosa di simile.

Apparentemente c’era motivo di preoccupazione nella comunità di Marco che tali macchinazioni e strutture di potere, come erano praticate nella società romana, si insinuassero anche nelle strutture della comunità cristiana. Secondo l’evangelista, però, questo non deve mai accadere; sarebbe un tradimento di Gesù e della sua via. Ecco perché il Vangelo di Marco fa rispondere il suo Gesù in modo così netto.

«Tra voi però non è così…»

La risposta di Gesù si riferisce innanzitutto alla pratica dei governanti che hanno il potere di imporre efficacemente la loro volontà nel loro dominio e di opprimere le persone. Per fare questo, fanno uso di persone di fiducia, dotate di poteri analoghi e possono anche ricorrere alla forza militare per far rispettare i loro ordini. La direzione della regola è chiara: dall’alto verso il basso.

Allo stesso tempo, Gesù mette in discussione questo modo di governare descrivendo i governanti come coloro «che sono considerati governanti», letteralmente: «che sembrano governare». E abbozza un contro-modello: «tra voi però non è così!» È vero che ci sono anche i «grandi» e i «primi» nella comunità di discepoli, ma essi devono comportarsi in modo molto diverso dai «grandi» e dai «primi» della società romana: devono assumere ruoli che si trovano al livello più basso della scala sociale, cioè i ruoli di servi e schiavi. Questo contraddice tutte le idee di onore e di virilità che erano comuni all’epoca così come contraddice ancora oggi tutte le idee di carriera. E quando qualcuno parla di «servizio» oggi, è abbastanza spesso un camuffamento del potere.

Diventa chiaro che nella comunità di Gesù i soliti meccanismi di dominio e le strutture di potere sono capovolti. L’importanza di una persona non è determinata da quanto potere ha sugli altri, ma dalla rinuncia a tale potere. Nella comunità di Gesù, le persone si astengono dall’esercitare l’autorità sugli altri. Si assumono invece ruoli di servizio che nella società romana sono imposti a chi non ha potere ma è dominato.

Capovolto

Il modello non è altro che Gesù stesso, che rinuncia ad ogni potere e dà persino la sua vita come «riscatto». Proprio come gli schiavi erano in grado di fuggire dalla schiavitù risparmiando la somma appropriata e poi usandola per comprare la loro libertà, anche Gesù usa il «riscatto», come dice il nostro testo; non lo usa però per elevare il proprio status, ma per gli altri, per «molti».

È importante guardare attentamente a chi è rivolto questo: è il circolo dei dodici, cioè un gruppo distinto tra i discepoli di Gesù. La parola di servizio e di rinuncia al dominio non è rivolta a coloro che non hanno nulla da dire e già servono, ma alle «personalità» all’interno della comunità dei discepoli.

Il Vangelo di Marco mostra quindi membri di spicco della comunità di Gesù che trattano ancora questioni di potere in un modo che corrisponde all’ordine sociale romano. Non hanno ancora capito cosa significa concretamente il modo alternativo di Gesù di trattare il potere e quindi devono essere educati molto chiaramente da Gesù ancora e ancora. A quanto pare, non è così facile nemmeno per i discepoli di spicco di Gesù praticare realmente il suo approccio alternativo al potere e al governo.

La rinuncia al potere come eredità di Gesù

Il Vangelo di Luca mostra quanto virulente fossero queste domande in altre comunità. Anche qui c’è questa disputa nel gruppo dei discepoli su chi sia il più grande, e anche qui Gesù li istruisce. Ma la scena guadagna enormemente in drammaticità perché non è ambientata sulla strada per Gerusalemme, ma durante l’ultima cena di Gesù. Difficilmente potrebbe essere raccontato in modo più drammatico: ora, al momento dell’ultima cena, i discepoli non hanno niente di meglio da fare che discutere su chi tra loro è il più grande!

«E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.» (Vangelo di Luca 22,24-27)

Secondo il Vangelo di Luca, quando Gesù parla del suo contro-modello al gruppo di discepoli proprio durante l’ultima cena, queste parole critiche nei confronti del potere diventano ancora di più un’eredità del Gesù che sta per morire. Ancora più concretamente che in Marco (e Matteo), viene criticata la pratica dei governanti politici di mascherare il loro potere come carità. E Gesù stesso con il suo esempio incarna l’antitesi dei governanti che critica, rinuncia all’affermazione del potere e va invece fino alla più profonda umiliazione sulla croce. È un cammino che, secondo la visione dei testi, è alla fine confermato da Dio attraverso la resurrezione e la riabilitazione di Gesù.

Nelle ordinazioni sacerdotali, l’umiltà, il potere e il fasto sono mostrati nella chiesa.

Percorso di rinnovamento

Se la Chiesa vuole davvero intraprendere un cammino di rinnovamento, non potrà evitare di affrontare le questioni del potere e dell’abuso di potere. Se vuole essere una Chiesa nella sequela di Gesù, dovrà misurarsi con le parole di Gesù che sono critiche nei confronti del potere e del dominio. Chi ha il potere? Come si esercita il potere? Quali organi di controllo e quali opportunità di partecipazione esistono? A cosa serve il potere? Avviare un percorso di rinnovamento in questo senso non sarebbe forse il peggior proposito per il nuovo anno.1

  1. Crediti d’immagine: Copertina: Nelle ordinazioni sacerdotali, l’umiltà, il potere e il fasto sono mostrati nella chiesa. José Martinez/jrm-photoworks; Immagine 1: Insieme. @adigold1/unsplash; Immagine 2: Servire. @ismaelparamo/unsplash; Immagine 3: Il potere romano. Imperatore Claudio. @iam_os/unsplash; Immagine 4: Chiesa capovolta. @rayne_man/unsplash

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